Grappa.com un'attività culturale di Poli 1898

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Poli Museo Della Grappa

Il bicchiere più adatto è il tulipano di medie dimensioni (100-150 millilitri), panciuto e non troppo stretto alla bocca, rigorosamente di cristallo o di vetro sonoro. I ballon e i bicchieri a palloncino sormontati da un camino stretto sono da evitare.

Si, lo è per tradizione, per cultura e per legge.
Il regolamento 1576/89 dell'Unione Europea ha infatti compreso i valori inerenti al prodotto riservando unicamente all'acquavite italiana la possibilità di denominarsi Grappa.
La Repubblica Italiana, con il decreto (D.P.R. 16 luglio 1997, n. 297), ha definito nei particolari le norme di produzione e di designazione.
La denominazione «grappa» è riservata esclusivamente all'acquavite di vinaccia ottenuta da materie prime ricavate da uve prodotte è vinificate in Italia distillate in impianti ubicati nel territorio nazionale rispondente alle prescrizioni contenute nel regolamento.

E' falso, perché frutto della disinformazione riguardo alla Grappa di alcuni autori. La ricchezza alcolica minima alla quale si può trovare in commercio è di 37,5% vol. che corrisponde alla medesima percentuale di alcol etilico ed è pari a molte altre acqueviti. Per le grappe che hanno diritto alla denominazione geografica (Piemonte, Lombardia, Trentino, Alto Adige, Veneto e Friuli) il limite minimo della gradazione alcolica è di 40% vol.

La parola Grappa deriva dal latino medioevale "grappolus", che significa grappolo d'uva.

La Grappa è il termine che definisce l’acquavite di vinaccia prodotta in Italia, mentre “Acquavite”, così come "Distillato", è un termine generico che da solo non indica nulla a meno che non sia specificata la materia prima da cui è stata ottenuta: il Brandy, il Cognac, l’Armagnac sono acqueviti di vino, la Vodka di patate, il Whisky di cereali, il Rhum di canna da zucchero e così via.